Veloscritture

SBAGLIANDO S'IMPARAVA

Posted by Daniela (daniela) on Sep 09 2014 at 2:01 PM
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di Franco Zambelloni


Da studente, per guadagnare qualche soldo, facevo talvolta il correttore di bozze di un giornale di provincia. Era un lavoro ingrato, perché la sera occorreva cogliere puntualmente sviste redazionali e tipografiche e bisognava farlo in fretta, prima della tiratura notturna del giornale. Ma era motivo d'orgoglio, il giorno dopo, rileggere la pagina e trovarla comme il faut, senza errori.

Ci ripenso quando, scorrendo un quotidiano, incappo in troppi sbagli - a volte semplici pasticci compositivi, a volte errori di grammatica o di sintassi, magari persino nei titoli e nei sottotitoli -. Il mestiere del correttore di bozze è ormai scomparso; vien da pensare che anche la figura del redattore, scrupoloso e letterato, è in via di sparizione. Evidentemente ci sono redattori che neppure rileggono la colonnina che hanno buttato giù distrattamente; invece che a se stessi, si affidano al correttore ortografico del computer. E lì sbagliano; perché il software di correzione è certo in grado di segnalare che una data parola va scritta con doppia consonante, ma non può andare più in là; non può capire quel che "legge", e dunque non si rende conto che se il soggetto della frase è plurale, anche il verbo va concordato al plurale.

Il frettoloso redattore sbaglia dunque due volte: la prima quando scrive, la seconda quando non rilegge o non vede gli errori che ci ha messo. Il primo errore si può perdonare, il secondo no, soprattutto perché affidare alla macchina quel che sarebbe compito dell'attenzione umana è segno di abdicazione alla propria intelligenza e alla propria responsabilità.

Errare humanum est è sentenza latina, così come l'altra, famosa: Errando discitur - sbagliando s'impara. Gli antichi erano ben consapevoli che l'errore fa parte della condizione umana e che tentando e sbagliando s'impara a non più sbagliare; oggi che il latino è caduto in disuso, la psicologia cognitiva contemporanea ha scoperto l'apprendimento trials and errors - per prove ed errori: l'errore è comunque fondamentale nella formazione dell'individuo, perché l'insuccesso del tentativo attiva l'intelligenza, fa cercare la strategia corretta, sviluppa le capacità mentali. A condizione, naturalmente, che per rimediare all'insuccesso non si deleghi il compito ad un altro o ad una macchina; se, come mi pare, è proprio questa la tendenza che si va sempre più affermando, la saggezza latina andrebbe ora confinata al passato: "sbagliando s'imparava".

Per fortuna, a differenza delle macchine, noi siamo in grado di sbagliare: è il nostro margine di libertà, quello che, almeno per ora, manca al computer. E poi, talvolta dall'errore nasce una splendida opportunità - cosa che gli antichi già sapevano quando parlavano di un felix error. Fu un errore felice, ad esempio, quello che permise a Cristoforo Colombo di scoprire l'America: poiché si era basato su calcoli sbagliati, aveva sottovalutato di gran lunga la circonferenza del globo e si era così convinto che sarebbe riuscito a buscar el Levante por el Poniente - raggiungere l'Oriente asiatico andando ad Occidente. Ma i dotti di Salamanca, con calcoli ben più corretti, giustamente sconsigliavano l'impresa, sapendo che nessuna scorta d'acqua e viveri stivabile su una nave sarebbe mai bastata per coprire l'enorme tratto di mare dalla costa spagnola a quella del Giappone. L'errore di Colombo si rivelò felice solo perché, a mezza via, incappò in un continente del quale nessuno conosceva l'esistenza. Ma lui, peraltro, non volle convincersi mai d'essersi sbagliato; finché visse rimase ostinatamente fermo all'idea che l'isola del suo primo approdo - quella che aveva battezzato Hispaniola - fosse parte dell'arcipelago giapponese.

L'uomo è certo l'animale intelligente, ma è tale non perché non sbaglia mai, ma perché sa trarre profitto dall'errore e dal caso. L'intelligenza e la dottrina non mettono al riparo dall'errore: vale ancora, come esempio, la novella del Bandello nella quale si confrontano Niccolò Machiavelli e il capitano di ventura Giovanni dalle Bande Nere. Si trattava - così racconta il Bandello - di riordinare tremila fanti e l'autore del trattato Dell'arte della guerra ci si mise d'impegno fino a sudare copiosamente, ma senza risultato; tanto che, ad un certo punto, intervenne il condottiero, il quale, con segnali di trombe e di tamburi, realizzò prontamente vari schieramenti. La pratica, si dice in questi casi, val più della grammatica. Ma la pratica si acquista, appunto, anche sbagliando.

                                                                                           Da Azione dell'8 luglio 2013

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