L'italiano e le regole dimenticate (di Michele A. Cortellazzo ) Recentemente sono apparse sulla stampa notizie allarmanti sulla debolezza delle competenze linguistiche nella lingua materna persino degli studenti che si iscrivono alle facoltà di lettere. La legge da quest'anno obbliga le facoltà a verificare il possesso da parte degli immatricolati dei requisiti di base, stabilità dagli stessi istituti. Molte università hanno deciso di svolgere questa verifica attraverso un test di accertamento iniziale e così, per la prima volta, abbiamo dei dati precisi sulle conoscenze e le abilità possedute dai ragazzi che escono dalle scuole superiori. Il quadro appare sconfortante: nella Facoltà di lettere di Venezia, su 830 matricole che hanno affrontato l'esame d'accesso, è risultato insufficiente in lingua italiana il 44%; nella facoltà di Padova, su 1775 iscritti al test risultati insufficienti, in vari settori, è stato il 54% e molti di questi proprio nel campo delle abilità di comprensione del lessico e dei testi. Per esempio dei 163 aspiranti filosofi, il 32,4% ha dimostrato carenze proprio in questo settore; e se "solo" il 30% di tutti gli studenti non è stato in grado di indicare il giusto sinonimo di " dilapidare " tra quelli proposti, il 57% non sa cosa si intende per " questione di lana caprina ". Il 54% si è perso davanti all'aggettivo " maliardo ". A Venezia i limiti si sono verificati nell'ortografia (confusione tra " dà " e " da ", mancanza di doppie, mancanza o sovrabbondanza di apostrofi, nella coniugazione dei verbi, nel riconoscimento degli elementi della frase ) . Sia a Venezia, sia a Padova, i risultati peggiori hanno riguardato, però, la comprensione dei testi . In realtà, quanto è emerso dai test merita un'attenzione maggiore. Le lacune evidenziate sono di natura e di importanza ben diverse. Io non mi straccerei le vesti sulle carenze ortografiche, che forse fanno intravedere un processo di ristrutturazione delle convenzioni grafiche. È vero, infatti, che l'ortografia è il settore dell'italiano attualmente più stabile; ma è sempre possibile che si producano delle regolarizzazioni forzate (per es. la generalizzazione dell'accento nei monosillabi: " stà ", " fì " pò ). Anche la grafia può cambiare nel tempo: l'attuale forma del plurale dei nomi in "- io ", con una sola " i " ("principi", "studi" ecc.) è relativamente recente, contro la più tradizionale scrittura con la doppia " i" . (" principii","studii") o con la "i" con l'accento circonflesso ( "principî", "studî").E, comunque, gli errori di ortografia riguardano la parte più superficiale della lingua, anche se spesso non sono altro che la punta di un iceberg costituito da ben più profonde lacune linguistiche. Altra cosa sono gli errori di riconoscimento degli elementi della frase (per es. l'incapacità di individuare il soggetto ). Questi limiti chiamano in causa il curriculum scolastico, con la sostanziale scomparsa, nelle scuole italiane, di lezioni di riflessione della lingua dopo la terza media (viene il sospetto che un alunno di quinta elementare, fresco di insegnamento grammaticale, riuscirebbe a rispondere meglio di un immatricolato all'università). Veramente preoccupanti sono, invece, le carenze nella comprensione dei testi e nel dominio della ricchezza lessicale dell'italiano , perché riguardano uno strumento di base ( la lettura dei testi), che dovrebbe essere pacificamente posseduto da quanti si iscrivono all'università. Risultano, invece, fortemente manchevoli anche negli studenti che hanno scelto per il loro futuro le discipline letterarie e filosofiche. Non oso immaginare quanto limitate siano le competenze di chi si iscrive, per dire, a Ingegneria, Economia, Agraria. Si concentra qui il dubbio più lancinante: quale classe dirigente si può formare nelle università, se le capacità di comprendere un testo sono così scarse in chi mira a far parte di quella classe? Dal" Corriere del Ticino " del 23 marzo 2009
Questa è proprio una curiosità Decifrati i segreti della memoria delle api L'antenna di destra si occupa della memoria a breve termine, quella di sinistra dei ricordi consolidati Questa divisione dei compiti tra memoria a breve termine e memoria a lungo termine è dimostrata da una ricerca pubblicata sulla rivista PLoS One da Giorgio Vallortigara del Centro Mente/Cervello dell'Università di Trento. La ricerca svela che anche il "cervello" delle api (e forse anche quello di altri insetti, quindi) ha asimmetria di funzioni come quello umano dotato di due emisferi che fanno cose differenti. Le antenne sono il "naso" delle api che hanno un olfatto finissimo. Ma sono anche lo "scalpello" con cui l'insetto incide nel suo "cervello" la memoria degli odori che incontra. Infatti l'ape, quando sente un odore che ha in memoria e che ricollega a qualcosa di buono, apre la "bocca" aspettandosi la "pappa", anche se non c'è niente da mangiare che l'aspetta. Gli scienziati hanno "addestrato" le api a collegare il profumo di limone alla pappa, una gocciolina di acqua zuccherata, poi hanno studiato la funzione delle due antennine, facendone funzionare una alla volta (chiudendo l'altra temporaneamente). Così hanno visto che, quando è la sinistra ad essere "spenta", l'ape mantiene solo per un'ora la memoria dell'aroma di limone e dopo 24 ore non riesce più ad associare quell'odore allo zucchero. Viceversa, quando è la sinistra a funzionare, il profumo stimola il ricordo della pappa solo a 24 ore dall'apprendimento di quell'informazione. Quindi l'antenna destra è custode dei ricordi di breve durata, mentre quella sinistra si accende al magazzino dei ricordi consolidati che rimangono a lungo termine. Usare INTERNET ha anche un costo per l'ambiente Per noi è un gesto ormai meccanico, ci serve un'informazione, inseriamo una parola chiave e diamo "invio", e Google risponde ai nostri quesiti dandoci in pochissimo tempo migliaia di voci possibili; ma tutto ciò ha un costo per l' ambiente. Due ricerche producono tante emissioni quante quelle prodotte dal consumo di corrente di un bollitore elettrico per il te, ovvero 7 grammi di CO2 a ricerca. È quanto stimato da Alex Wissner-Gross, fisico della Harvard University di Boston. Vi sembrerà poco, ma se tenete presente che per ogni secondo che siamo connessi a Internet, produciamo 0,02 grammi di emissioni, si legge sulla BBC online, ciascun navigatore è un "inquinatore". Infatti si stima che ogni giorno vengono fatti qualcosa come 200 milioni di ricerche in Internet. Un recente studio ha stimato che l'intero settore informatico, a livello globale, è responsabile di un quantitativo di emissioni di gas serra pari a quello di tutte le linee aeree mondiali messe insieme. Dal Corriere del Ticino del 13.01.09 Dammi la tua e-mail e so chi sei Punti, cifre e nickname rivelano caratteristiche personali La ricerca del dipartimento di psicologia dell'Università di Lipsia mostra che gli indirizzi di posta elettronica contengono indizi sulla personalità dei loro proprietari. Fantasioso o rigoroso, narciso o pignolo, l'indirizzo di posta elettronica racconta come siamo. La regola del "nomen omen" vale anche per il domicilio virtuale. Lo ha stabilito la psicologa MITJA BACK insieme a un gruppo di ricercatori dell'Università di Lipsia, che ha preso in considerazione 599 mail di giovani adulti e il relativo giudizio di 100 osservatori indipendenti. Dalla ricerca, appare sul "Journal of Research in Personality" e disponibile sul sito di ScienceDirect, è emerso che gli indirizzi sono dei piccoli messaggi che le persone si scambiano riguardo al loro carattere. Aspetti utili agli osservatori per stabilire alcuni tratti distintivi della personalità dei guanti sono la presenza di segni grafici come punti, linee, cifre, tipo e numero di caratteri, ma anche la scelta del provider (yahoo o hotmail), il nickname (proprio o di fantasia) e il dominio (cap. com o net). A un nome di fantasia è spesso associata una personalità creativa, sagace, divertente, ma anche confusionaria. Il numero di caratteri e di punti contenuti nell'indirizzo servono invece a rivelare alcune specificità dei caratteri del mittente come la meticolosità, le capacità organizzative e la cura dell'aspetto. Chi ha un provider hotmail risulta più aperto e narcisista di chi ne ha uno yahoo. Chi è organizzato e pratico ha indirizzi e-mail meno buffi e un dominio nazionale (.ch, al posto di .com o .net). Anche gli stereotipi sul genere condizionano le opinioni dei destinatari: le e-mail femminili suonano sempre più gentili e accomodanti. Lo sapevate ? A detta di un'arzilla signora italiana (agli inizi del mese di luglio compirà 100 anni ) il segreto della sua longevità sta nel fatto d'aver dattilografato tutta una vita. La simpaticissima signora, ospite della trasmissione del secondo canale della RAI "Mattina in famiglia", nella sua vita oltre che dattilografare ha sempre viaggiato molto. Il prossimo viaggio che effettuerà ha come traguardo la bellissima città sulla Moldava, Praga, meta dell'estate scorsa di moltissimi congressisti dell'Intersteno. Generalmente viaggia sola. La signora in questione organizza sempre ancora viaggi per le persone anziane, e per essere presente alla trasmissione odierna (12 aprile 2008) ha utilizzato l'aereo. Alla domanda finale, quale sogno ha nel cassetto, ha risposto: - Volare con il deltaplano.- Chi non rimane basito dopo una simile affermazione? Il presentatore ha lanciato un appello ai telespettatori che praticano questo passatempo a volersi annunciare alla RAI, affinché il desiderio della signora venga esaudito. Tra pochi giorni inizieranno le gare di scrittura all'elaboratore: leggendo ciò la Veloscritture si ritiene che coloro che non si sono iscritti dovranno pure avere un ripensamento. Se dattilografare è così salutare e fa bene alla mente, perché non lanciarci tutti (e qui c'è il vantaggio che i piedi sono per terra...) in un'impresa così entusiasmante? Tempi troppo veloci Molti di noi hanno potuto sperimentare nel recente passato la difficoltà di leggere un testo composto pochi mesi prima, in quanto il programma di scrittura utilizzato era scomparso dalla circolazione sostituito da un altro più efficiente. Oggi questi cambiamenti sono meno ravvicinati: il rischio si è perciò attenuato e tenderà probabilmente a scomparire. Il pericolo maggiore sta invece nella breve durata dei supporti sui quali vengono registrati informazioni, testi, appunti, immagini, tabelle statistiche, risultati di analisi cliniche o musica, che talvolta possono limitarsi addirittura ad un paio d'anni . Un lasso di tempo che può rispondere alle esigenze individuali, ma che è drammaticamente breve per un istituto di ricerca, per una clinica o, ancor più, per un archivio storico. Frank Laloe, direttore di ricerca presso il Cnrs francese (un fisico, si badi bene, non uno storico), ha lanciato dalle pagine di Le Monde un appello accorato alle autorità del suo paese perché affrontino senza indugio il problema. La conservazione della memoria del nostro tempo, ha osservato, non può essere affidata all'iniziativa privata e ancor meno al mercato che non ha alcun interesse a produrre supporti di lunga durata per i quali esiste una domanda troppo limitata. Si potrebbe ricorrere ad un sistema alternativo: ritrascrivere frequentemente i documenti su un nuovo supporto affrontando però costi elevati e correndo il rischio di non arrivare in tempo ed evitare la distruzione dei dati. Si tratterebbe, in ogni caso, di una soluzione transitoria in attesa che venga messo a punto un sistema più sicuro. Ci troviamo in presenza, osserva ancora Laloe , di una situazione paradossale. Le fragili tavolette di argilla sulle quali veniva incisa la scrittura cuneiforme, papiri dell'antico Egitto o le pergamene medioevali sono passate indenni attraverso i secoli, mentre noi non siamo in grado di risolvere, nonostante la nostra ricchezza e la nostra tecnologia, un problema abbastanza semplice. Cose inutili? A ben vedere le ragioni non sono di natura tecnica od economica, bensì culturale. La società dei consumi è ancorata al presente , all'effimero , alle cose che hanno un senso e un valore oggi , ma che non lo avranno più domani. Perché, allora, investire tempo e denaro nella conservazione di cose inutili? In questi frangenti diventa un compito prioritario delle istituzioni pubbliche tutelare la memoria di una comunità accollandosi i costi (che non sono, per altro, proibitivi) evitando così che si perde la traccia della propria identità e della propria storia. Ci si preoccupa, a giusta ragione, della tutela della biodiversità. Ma che senso ha proteggere la varietà delle piante e degli animali, se non ci curiamo di conservare la nostra storia che è immensamente più ricca? È una domanda che potremmo aggiungere alla curiosità del bambino che chiedeva candidatura " a che servire la storia?" . La risposta la conosciamo; abbiamo, invece, molti dubbi sull'esistenza della sensibilità necessaria per passare dalle parole ai fatti.
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